La storia di Lucky, ''La sfortuna di un uomo troppo fortunato''

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°RoXanne°
view post Posted on 3/11/2009, 22:31




La storia di Lucky


''La sfortuna di un uomo troppo fortunato''


Lucky si alzò in piedi e si guardò allegramente intorno; c'era sempre una strana atmosfera quando c'era di mezzo quel ragazzino...
cominciò a girare in circolo intorno al tavolo; avanti e indietro, sondando le idee che intanto il suo cervello aveva formulato e dando ad esse un nesso logico.
Dopo aver eseguito un'attenta mente locale, cominciò a discorrere con una voce ben più matura degli anni che dimostrava (ed in effetti aveva):
La prossima storia che sentirete, miei cari amici, potrà sembrare banale all'inizio; aspettate di sentirne il finale però; non aspettatevi niente di allegro; la vita di una persona troppo fortunata, non è mai a lieto fine.

Ralf era un uomo davvero fortunato. Anche se non si sarebbe mai detto in quella buia e triste notte di metà ottobre... era solo come un cane, con un occhio nero, e mezzo assiderato.
Prima di parlarvi della patetica fine di Ralf, però, lasciatemi discorrere della sua inutile vita, una vita senza senso, una di quelle classiche vite fatte di soldi, sesso e sigari; una vita fredda, senza amore e senza spina dorsale.
Lui era il classico ragazzino per bene, cresciuto in una famiglia rispettabile ed in un quartiere lussuoso, con uno scaldino ai piedi del letto tutte la sere ed una brioche fumante sul comodino che l'aspettava al risveglio; e, nonostante questo, era un ragazzo freddo ed ostile, poiché non credeva minimamente nell'amore.
L'amore, come lui stesso diceva, era un sentimentalismo inutile, stupido, che rendeva le persone frivole e povere... non si accorgeva di quanto era stupido e povero lui, in verità.
Crescendo cominciò ad interessarsi sempre di più al gioco d'azzardo che era molto praticato in casa sua e lui, in un modo o nell'altro, non ne usciva mai sconfitto. Dopo aver sbancato amici e familiari uscì fuori dai confini patriarcali e cominciò a diventare un ospite fisso dei casinò più lussuosi di tutta Londra; col passare del tempo iniziò a disporre sempre di più soldi; più intascava, più spendeva, più esperienze faceva.
Si comprò di tutto: dalle macchine alle donne, dalle case agli amici; non c'era niente che non era a portata di mano di Ralf.
Nel suo piccolo universo celebrale cominciò davvero a pensare che con i soldi lui avrebbe potuto ottenere tutto ciò che voleva.
Una sera poi, successe l'inimmaginabile.
Il ''povero'' Ralf si era da pochissimo trasferito in un nuovo quartiere lussuoso della cittadina di Londra, una superba casa, non c'era che dire, ma non conosceva minimamente le inusuali usanze della gente di quel luogo.
Quella sera d'inizio ottobre, mentre il giovane uomo era del tutto tranquillo a sorseggiare un tè verde, bussò tre volte la porta.
L'uomo si alzò ed andò ad aprire.
Ad attenderlo dall'altra parte dell'uscio c'era la creatura più insolita che egli avesse mai visto.
Era una donnina piccina e magrolina, con due occhioni grandi e vispi, ed un sorriso che ispirava simpatia a prima vista; una persona comune avrebbe potuto darle si e no l'età per cominciare a bere; in effetti era giovane, sì, ma non così tanto.
L'uomo la osservò per diversi istanti: sembrava scozzese; orecchie leggermente a punta, nasino all'insù, capelli sul biondo-ramato, ed occhi verde-oceano; se il giovane avesse dovuto descrivere la donnetta con una similitudine, avrebbe potuto benissimo dire che ''era venuta a bussargli una giovane donna che rispecchiava egregiamente un tramonto sul mare''.
La donnetta gli tese la mano, lui la prese tra le sue un po' in imbarazzo; era la prima volta che toccava una donna con tale leggerezza senza averle prima allungato una banconota da cento.
La donnina prese allora la parola: <<ciao straniero! Sei nuovo del posto vero? Io sono Rachel, sai, noi qui siamo consoni organizzare festicciole di benvenuto per i nuovi vicini; ero venuta per invitarti alla tua festa; dai vieni con me!>>.
Detto questo, con una forza inimmaginabile per la sua stazza, la donnetta cominciò a tirarlo verso l'uscio ed a condurlo verso un mondo parallelo, un mondo dove il denaro non serviva.
<<sai, forse avrei dovuto portare con me un po' di soldi, non so, per ripagare te e gli altri della calorosa accoglienza...>>.
Lo scricciolo lo guardò con un'espressione così stupita che, al giovane Ralf, venne da risentirsi per ciò che aveva appena detto; poi aggiunse: <<ma dai! Mica sarai una di quelle persone che vive solo di denaro, con il denaro, per il denaro? Ma dai! Pensare che cominciavi anche a piacermi; sai, non si incontrano tutti i giorni avvenenti uomini giovani, alti, biondi...>>.
Ralf ci pensò un pochino su; in effetti, al gentil sesso, doveva apparire un uomo piuttosto attraente: cosa potevano desiderare di più? Un uomo ricco, alto, con quel fascino da lord inglese che si rifletteva magnificamente nei suoi occhi verde bosco e nella sua pettinatura all'indietro, sì, ma comunque mossa... tanto per non sembrare troppo perfetto, troppo finto.
Ma ciò che lo tradiva, e che ben presto avrebbe capito, era il suo cuore di ghiaccio, un cuore freddo e vuoto, che non aveva lasciato spazio a nient'altro fuorché ai soldi, nemmeno all'amore.
Era il classico individuo che vedeva i favori come oggetto di scambio, ogni volta che qualcuno gli faceva anche la benché minima gentilezza, lui rispondeva, un attimo dopo, con la tipica frase che si attribuisce a quel tipo di carattere; ovvero: <<che vuoi in cambio?>>.
Forse era anche per questo che quell'uomo non aveva amici; cioè, amici che non si era dovuto comprare con costosissimi regali e viaggi dall'altra parte del globo.
Mentre lui pensava a questi argomenti, che prima non gli sarebbero mai balenati neanche nell'anticamera del cervello, Rachel era quasi arrivata alla sua dimora; era una villetta rispettabile, con un vasto giardino ed i muri riverniciati di fresco; nel complesso faceva un bell'effetto di ordine e pulito; lo stesso effetto che faceva la padrona, in effetti.
Nel giardino di quella villetta c'era un lungo tavolo apparecchiato per dodici; quello doveva essere il tavolo del ''vicinato''; su un minuscolo gazebo c'era scritto su un cartello solo un grande ''Welcome'', nient'altro, visto che non conoscevano ne nome, ne identità, della persona da festeggiare.
Pian piano si riunirono intorno al tavolo le dieci persone organizzatrici del tutto, infine si sedette anche Rachel, nel posto alla destra del capotavola; l'ultimo posto, quello di capotavola, riservato al giovane, era l'unico ancora libero.
Ralf pensò che era troppo, che sicuramente ci sarebbe stato qualcuno che ne avrebbe chiesto il ''risarcimento'', che non poteva essere tutto a gratis; quelle persone, le persone da un animo così nobile, quelle che facevano qualcosa per il semplice gusto di farlo, non esistevano, fuorché nei romanzi. Comunque, data la sua severa condotta ed educazione, gli sembrò sgarbato non accomodarsi, dopo che quelle persone avevano fatto tanto per lui; si sedette a capotavola; in mezzo ad un tacchino fumante ed una promettente bottiglia di Chianti, proveniente direttamente dalle colline toscane. Davvero, ora non sapeva che credere; tutto questo fatto solo per ''amore''? E poi per un perfetto sconosciuto? Il giovane pensò di non essere nato ieri!
Scattò in piedi dalla sedia interrompendo un interessante dibattito sul divieto della caccia alle balene e, con qualche tono superiore alla media disse: <<su, forza gentiluomini! Che volete in cambio?>>.
Tutti lo osservarono a bocca aperta, come se avesse detto qualcosa del tipo ''tho, ma lo sapete che gli elefanti blu ad una gamba sola sono animali molto diffusi nelle colline anglosassoni?'', poi Rachel intervenne: <<noi questo l'abbiamo fatto per accoglierti nel nostro quartiere; non vogliamo niente in cambio da te, ne i tuoi soldi, ne un briciolo di comprensione e, dato il tuo cuore di ghiaccio, poi, non possiamo pretendere neanche i tuoi ringraziamenti>> finì la frase storcendo il nasino e arricciando la fronte.
L'uomo, che ancora non capiva bene quella gente, obbiettò che era meglio starsene in silenzio per il resto della cena.
C'era qualcosa di strano in quelle persone, qualcosa che lui non sapeva come catalogare; chiacchieravano tra loro, si divertivano, si tenevano per mano e cantavano allegri cori celtici; nessuno, prima di lui, aveva menzionato la parola denaro o parole che potessero collegarsi ad essa. Semplicemente chiacchieravano del più e del meno, collegando temi politici ed ambientalisti con collezioni di francobolli e partite a bridge, completamente a gratis per giunta.
Il clima dopo un po' risultò opprimente e pesante per Ralf, non era abituato a tutto ciò, era come se un alone di felicità e di semplicità ricoprisse i loro volti, facendoli sembrare così fottutamente belli; persino il vecchietto seduto in fondo a sinistra, dall'altra parte rispetto a lui sembrava ringiovanito di vent'anni grazie a quell'alone. Solo lui, aitante ventenne ricco e belloccio, sembrava ingrigito ed escluso da quel clima; cos'era quella cosa che gli altri avevano e che a lui mancava?
<<amore>> intervenne Rachel, con un sorriso dolcissimo sulle labbra, spezzando la catena dei suoi pensieri; era l'unica che sembrava dargli retta in quella lunga e felice tavolata.
<<amore?>> chiese incredulo Ralf? <<questo è amore?>>.
La ragazza sgranò sorpresa gli occhi:<<ma tu sai che vuol dire la parola amore? Tu hai mai provato amore in vita tua?>>
<<io? Amore? Ma certo! L'ho provato e l'ho fatto anche, l'amore è facile da ottenere, basta avere qualche centone e tutti ti amano e ti rispettano>>.
La ragazza, che ormai non si stupiva più di ciò che usciva dalle labbra del giovane piegò leggermente la testa e disse: <<amore... amore non è solo quello che si fa nei letti, non è assolutamente quello che si può ottenere facendo alla gente regali e lussuosi viaggi, amore è qualcosa di pulito, profondo; qualcosa che lega due esseri animati e li rende semplici, non c'è niente di più bello della sensazione di sentirsi completi, entrambe amante ed amato, entrambe perfetti, come pezzi di un puzzle che si incastrano simmetricamente>>.
A questo punto toccò al ragazzo piegare leggermente la testa e grattarsi con una mano i capelli: <<come scusa?>> chiese dopo diversi attimi di esitazione.
La donnetta, sfinita dall'ottusità dell'uomo, poggiò distrattamente il mento sulla mano, lasciando libero il polso rivolto verso il giovane: <<mi sono illusa>> disse poi: <<non è possibile che una persona grigia e fredda come te possa anche solo pensare di capire una cosa semplice come l'amore>>.
L'uomo a quel punto convenne che era meglio restare in silenzio per il resto della serata, questa volta per davvero, anche se istigato a parlare, tanto, la sua bella figura l'aveva già fatta; Rachel a quel punto si unì alle chiacchiere degli altri gaudiosi compari di tavolata, lasciandosi sfuggire di tanto in tanto qualche occhiata sfuggente e qualche frase per cercare di inserire anche il giovane nei discorsi; quella donnetta aveva un cuore davvero tanto grande, non le piaceva che qualcuno, seppur gelido e grigio come Ralf, fosse emarginato ed escluso dal giro.
Ralf si sentì ancora più nervoso e stupido; la ragazza credeva ciecamente nell'amore e, visto che non sembrava una stupida oca, doveva esserci un nesso logico.
Amore... pensò seriamente di cominciare a rivalutare quella parola nel suo vocabolario personale e nella sua vita.
La festa andò avanti per ore ed alla fine della cena si aprirono giochi da bar e danze folkloristiche, in questa seconda parte della serata Ralf riuscì ad interagire meglio con gli altri, tra una vittoria a poker ed un'altra a burraco. Per un po' lasciò perdere lo sguardo indagatore di Rachel, che ancora non poteva credere che esistesse una persona come lui al mondo.
Alla fine della serata tutti gli ospiti aiutarono la donnetta a ripulire il giardino; chi annaffiava l'erba, un bambino si divertiva a correre qua e la con la lunga tovaglia di seta a mo di mantello, delle donne di mezza età lavavano i piatti in una specie di cucinotto all'aperto, un uomo chiudeva la tavola mentre l'altro ripiegava le sedie; perfino il vecchio aiutava, a modo suo, raccontando buffi aneddoti e rallegrando l'aria con grosse risate, un po' aiutato da un Martini di troppo, forse. Solo Ralf era rimasto in disparte, anche se avesse voluto, non sapeva come rendersi utile; nelle sue varie ville, tutto ciò di cui aveva bisogno era suonare un campanellino ed impartire ordini al domestico di turno.
Rachel continuava ad infliggergli le sue occhiate indagatrici; il giovane presagì negli occhi della donna guai seri.
Quando tutto fu finito ed i vicini congedati dopo mille ringraziamenti, rimasero solo loro due; lui e la ragazza, che avanzava nella penombra della luna piena, a passo svelto, nella sua direzione.
Era strano vederla così; con quel vestito leggero i capelli sciolti al vento ed in quell'aria pungente di inizio ottobre, sembrò cosi gracile, così delicata, che a chiunque sarebbe venuto istintivo cercare di difenderla dalle intemperie, a chiunque, sì, fuorché a Ralf; lui aveva ben altri ceppi per la testa. Stava cercando di decifrare il complicato e misterioso universo del linguaggio corporeo della donnetta; sembrava volergli dire qualcosa già dalla sua andatura e dal suo sguardo deciso, ma vulnerabile.
<<bella festicciola eh?>> esordì lo scricciolo una volta giunto a pochi centimetri dal giovane.
<<u-uh>> fu tutto quello che fu in grado di dire Ralf.
<<hai pensato con attenzione a quello che ti ho detto prima, circa l'amore, non è vero?>> intervenne la donna, dritta e diretta, come un treno ad alta velocità.
Ralf usò la sua classica posa ''imbarazzato dalle circostanze''; quella che prevedeva la mano destra nella tasca del pantalone mentre la sinistra gli grattava leggermente la testa al livello del cervelletto, lo sguardo era rivolto a circa trenta gradi dell'interlocutore e classico ed immancabile fischiettio di ''god save the queen''.
<<conosco quella posizione>> intervenne Rachel: <<può servire con le tue ''donnette ad ore'', ma con me non attacca>> detto questo, ammiccò e sorrise in un modo così semplice e spontaneo da scatenare un vulcano emotivo nel giovane.
<<ripeto la domanda>> proseguì lei imperterrita: << hai ripensato a ciò che ti ho detto prima riguardo l'amore non e vero?>>.
Il giovane rispose con un filo di voce: << In effetti sì, ci ho pensato e ripensato, per quasi tutta la serata; ma secondo me esageri a renderlo così importante, secondo me è solo sentimentalismo, una di quelle attrazioni fisiche, che dura qualche mesetto e poi svanisce così com'è fiorito; dal nulla nel nulla>>.
Rachel assunse un'espressione afflitta in volto: <<tu sei di gran lunga la persona più sfortunata che io abbia mai incontrato, mio giovane amico>>.
Ralf parve sconcertato dall'affermazione della giovane donna. Ribatté usando un tono sarcastico: <<scherzi? Non hai visto prima quante volte ho vinto? Beh, questa, mia cara, si chiama fortuna nel mondo delle persone normali, capito, fortuna; non mi sento per niente sfortunato io. Riguarda un po' meglio i tuoi punti di valutazione e non sparare cose a vanvera tanto per dare aria a quella tua boccuccia.>>.
La ragazza a quel punto assunse un espressione ancora più triste, non iraconda, come si sarebbe aspettato il giovane, solamente triste.
<<che c'è ora?>> la incitò a parlare Ralf.
<<sai, stavo pensando... che la cosa più triste non è il fatto che tu sia un uomo sfortunato, ma il fatto che non te ne renda nemmeno conto...>>. Detto questo si allontanò verso l'ingresso della sua dimora, conservando in volto quell'espressione avvilita e delusa... a chiunque sarebbe venuto lo stimolo di abbracciarla e confortarla; sì, a chiunque, ma non a Ralf.
<<sei di gran lunga l'essere più spregevole che abbia mai incontrato in vita mia>> disse la ragazza sull'uscio di casa più a se stessa che a Ralf, mentre il giovane si allontanava a passo svelto verso l'unico posto sicuro che si ricordasse di possedere; la sua magione.
''Benedetta solitudine'' pensò Ralf, appena giunto all'ingresso della sua casa; chiuse la porta con due mandate di chiave e si avviò verso il frigobar, dal quale estrasse una bottiglia di Whisky e ne versò un paio di dita in un bicchiere con del ghiaccio. Si rigirò in mano la miscela ottenuta recandosi nel salone; quell'oscurità, quella solitudine, gli erano così familiari, così di conforto dopo la pazza serata che aveva passato...
Amore? Puah, con quello mica ci potevi compare un luogo tanto sicuro e confortevole! Balle! Erano tutte apocalittiche balle inventate dalle persone sfortunate per avere un minimo di compiacimento di se stessi.
Lui la pensava veramente così a quel punto; quella donnetta doveva essere una persona davvero sfortunata per valutare l'amore con tale importanza, sì, la regina delle sfigate! L'aveva offeso in più modi quella sfiglatella: come si permetteva di dire ad un uomo bello, avvenente e soprattutto fortunato come Ralf, tutte quelle brutte cose?
Ma Ralf ancora non sapeva che la sua mente era chiusa in un mondo a parte, e che la donnetta aveva più ragione di chiunque altro; lui, semplicemente, nel suo ego personale, voleva ridurla davvero al livello di un'ameba, voleva vederla strisciare da lui chiedendo scusa, e poi semmai...
Con questi pensieri, a metà tra l'ira e la lussuria, si assopì.
Fece un sogno strano; si risvegliò, con il suo bicchiere ancora in mano in un luogo deserto, morto.
<<dove sono?>> chiese ad un interlocutore immaginario, mentre si rigirava ancora intorno.
<<sei nel tuo universo personale>> rispose una voce venuta fuori dal nulla <<questo è tutto ciò che hai costruito finora nella tua vita; vedo che ti sei dato parecchio da fare...>> aggiunse la voce con un tono acido e sarcastico, lasciando la frase a buon intenditore.
Ralf parve più confuso del solito: <<ti prego non cominciare a farmi anche tu la predica, oggi già è stata una giornata pesante...>>
<<lo so, lo so>> disse la voce con un tono ragionevole: <<hai avuto degli scontri con un elemento appartenente al gentil sesso vero?>>
<<sì, ma è stata lei che... Ehi! Come fai tu a sapere...>>
la voce scoppiò in una risata cristallina, che fece raggelare Ralf dall'interno: <<io so tutto di te, io sono te>>.
<<tu sei me? Ma come è...>>.
<<guardati intorno Ralfred>> disse la voce, senza aspettare che il giovane finisse la sua frase: <<cosa hai creato finora? Il nulla più assoluto, un lotto arido e secco; guarda invece oltre il recinto; cosa vedi?>>
Ralf si sporse oltre la rete metallica che recintava il suo mondo; vide il mondo delle persone che del suo vicinato; quello di Rachel, che assomigliava ad una villetta costruita in mezzo ad un bosco, quello dell'allegra famiglia con il bambino, simile ad un enorme casa di marzapane, perfino quello del vecchietto gaudioso, una taverna di montagna con tanti amici ed alcolici a gratis. In quel momento come non mai si sentì vuoto; solo il suo mondo era arido, deserto. Perché era così? Cominciò a chiedersi tra se e sé.
<<e' tutta colpa dell'amore>> cominciò a dire a se stesso: <<sì, tutta colpa di quel fottuto amore; maledetto lo odio, lo odio, lo odio!>>
Si svegliò così, urlando ''lo odio'', ritrovandosi nuovamente in mezzo al silenzio ghiacciante della sua sicura dimora.
<<oh, era solo un sogno, nient'altro che un incubo>> disse, contento di aver ripreso coscienza di se stesso. Si alzò e se ne andò a letto, senza sapere minimamente, quello che il domani gli avrebbe riservato.
Il mattino seguente fu come tanti altri; sveglia tardi, colazione ricca ed abbondante, una veloce doccia per schiarirsi un po' le idee e via! Libero! A giocare ad un lussuoso casinò in una bella strada alberata.
Ralf entrò nel luogo con la stessa tracotanza di una faina in un pollaio; vedeva solo gallinelle e benestanti chiocce da spennare e far cuocere nel loro brodo.
Si posizionò al tavolo più vicino di poker, salutò il mazziere con un distratto gesto della mano e si fece cambiare una bella mazzetta di soldi in fish. Chi si sarebbe mai aspettato che quella sarebbe stata la sua disfatta?
Si sa, la fortuna è una donna lussuriosa, appena cominci a volerle davvero bene, appena cominci ad apprezzarla sinceramente lei ti abbandona per il primo che capita. Ralf, uomo da sempre fortunato, non riuscì a spiegarsi subito questo improvviso voltafaccia della sua più cara e preziosa amante, sì, Ralf amava la fortuna, e se ne rese conto solo quando la perse, insieme al resto del suo patrimonio.
Ripercorse la via di casa con la coda tra le gambe, ormai era già passata da un bel pò l'ora del tè e non c'era quasi più nessuno per quelle strade ricche ed alberate; tutti chiusi in qualche casa, a festeggiare qualcosa di futile, come l'amicizia, l'amore o addirittura la povertà.
Non si scompose quando vide un signorotto davanti al portone d'ingresso; era un giovane uomo felicemente grasso con una ventiquattr'ore in una mano ed un foglietto giallo nell'altra.
<<gentiluomo>> chiamò appena vide avvicinarsi Ralf a passo sicuro: << lei vive qui, non è forse così?>>.
Ralf annuì, del tutto rapito dall'ondeggiante panciotto e dalla perfetta laccatura delle scarpe; doveva essere qualcuno che sapeva il fatto suo per andare in giro vestito in quel modo.
<<bene! Se è così che stanno le cose lei è temporaneamente privato di tutti i suoi beni, per debiti familiari non pagati.>>
<<cosa?>> fu l'unica cosa che riuscì a dire per colpa di un'improvviso calo di voce.
<<beh, come posso spiegarmi in modo pratico: in poche parole la casa, il patrimonio, la macchina e tutto il resto, lo prenderò in custodia io, come risarcimento dei fastidi che ha subito il mio superiore per colpa di quelle sorprendenti perdite all'ippodromo apportate nell'ultimo anno dal suo ormai defunto per cause ''sconosciute'' zio Albert.>> Enfatizzò il tutto scoprendo da sotto il panciotto ondeggiante una rivoltella vecchio stile che sembrava ancora funzionare a meraviglia.
Il giovane ne aveva davvero sentite troppe quel giorno.
<<lei sfotte, non è così?>> domandò con sarcasmo: <<allora dove stanno le telecamere? Forza, tirate fuori i produttori!>> continuò agitando le braccia come un forsennato e guardandosi intorno.
<<oppure andate al diavolo, lei, il suo superiore, questo cosiddetto mio zio, il mondo, tutti! Io da qui non ho intenzione di muovermi.>> così dicendo, si inginocchio sul vialetto.
Il grassone lo trapassò con un sorriso sghembo e poi esordì: <<ma che peccato, mi sa che sono costretto a chiamare rinforzi...>> detto questo schiacciò quello che sembrava un telecomando di quelli che azionavano le sicure di un'auto.
Infatti, da una Volvo nera parcheggiata in fondo al viale, non tardarono a scendere due energumeni palestrati e vestiti di nero; si avvicinarono in tutta fretta.
<<quali sono gli ordini?>> chiese il primo.
Il grasso, che conservava ancora sul volto quel sorrisetto così irritante, parlò in un orecchio al primo buttafuori, che mentre ascoltava assunse la stessa espressione dell'interlocutore, poi, facendo un rapido gesto all'altro, cominciò ad avvicinarsi al povero Ralf.
E così, si ritorna all'inizio, alla strada buia, all'occhio nero, allo stato di semi incoscienza, ed alla sfortuna che, colpì un uomo troppo fortunato, che non sapeva niente dell'amore...
Ralf riaprì gli occhi; si trovava su una brandina improvvisata, all'interno di una casa pulita e fresca, come d'altronde lo era la padrona.
Rachel era sulla porta e lo fissava.
<<ti sei svegliato dormiglione?>> chiese la donnetta avvicinandosi alla brandina.
<<dove? Come? Chi?>> domandò il giovane in uno stato di dormiveglia.
<<sei stato proprio malmenato eh?>> esordì Rachel: <<meno male che io ero in zona e ti ho ripescato; sennò, mi sa che oggi non ti saresti risvegliato affatto; chissà, forse è stato solo un piccolo colpo di fortuna?>>
Fortuna. Ora l'uomo comprendeva.
La sua più grande fortuna era stata incontrare nella sua vita Rachel, una donna che sapeva perfettamente cosa fosse l'amore, una donna dolce, solare e positiva, che poteva guarirgli il cuore. E la sua sfortuna era stato non capirlo in tempo.
<<credi che sia troppo tardi per chiedere scusa? E per dirti che avevi ragione tu riguardo l'amore?>> chiese Ralf in tono sommesso.
<<per questo, non è mai troppo tardi>> disse la donnetta sorridendo e sparendo dietro la porta.
Fine della seconda storia.
 
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